Piazza della Repubblica
Perché non tornare a chiamarla Piazza Vittorio? Del resto
se c'è una Via Vittorio Emanuele, perché non ci può essere una Piazza Vittorio?
Questo è il nome che fu dato alla Piazza del centro di Firenze, quando fra
il 1885 e il 1895 fu realizzata non solo per restituire il centro "da
secolare squallore a vita nuova", ma altresì per ospitarvi il monumento
equestre del primo Re d'Italia, la cui sagoma era centrata dall'arcone che le
faceva da cornice. La statua equestre fu posizionata nel 1890, quando la piazza
non era ancora stata completata. Si può pertanto affermare che statua e piazza
furono concepite, contestualmente, l'una in funzione dell'altra. Fu
solo nel 1932 che la statua del Re fu spostata alle Cascine, dove tuttora si
trova al centro del piazzale di accesso al parco (ora deturpato
da sottopasso e linea tranviaria). Al posto di Sua Maestà, nella piazza
che ebbe il suo nome si trova adesso una Colonna dell'Abbondanza,
ricollocata nel 1956 nella posizione che aveva quando al posto di Piazza
Vittorio c'era il Mercato Vecchio, ma che è del tutto fuori contesto non
avendo alcun riferimento con l'attuale assetto ottocentesco. Ma oltre
all'incongrua colonna abbiamo un'eccentrica giostra e, quel che è peggio, si
sfrutta il luogo del centro cittadino per qualunque cosa venga in mente, palchi
di musica rock per serate più o meno bianche, mercatini settimanali di
formaggio, vino, olio, miele, prosciutti, esposizioni di novità automobilistiche
(quando i pochi cittadini abitanti il centro devono tenerne ben lontane le
proprie) baracconi per la vendita di libri (non è un paradosso che
un'amministrazione cittadina che non sa evitare la chiusura delle proprie
prestigiose librerie sia costretta a permettere la vendita di libri al centro
della piazza del centro?). Sembrerebbe giunto il momento di modificare la scritta al
sommo dell'arcone, che può più coerentemente suonare così:
"L'antico centro della città, da vita nuova a secolare squallore
restituito". Si sono lasciati fuori discussione, perché parlano da soli, i quattro "dehors"
sorti dove un tempo c'erano i tavolini all'aperto. Questi "dehors",
autorizzati dalle Soprintendenze, sono veri e propri edifici, chiusi da pareti
a vetri, riscaldati o raffrescati a seconda delle stagioni, soprelevati dal
suolo pubblico e quindi muniti di gradinate di accesso, uniformati e
armonizzati da un comune stile architettonico che ha avuto il completo
gradimento delle "autorità (in)competenti".
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