lunedì 21 ottobre 2013


Piazza della Repubblica

Perché non tornare a chiamarla Piazza Vittorio? Del resto se c'è una Via Vittorio Emanuele, perché non ci può essere una Piazza Vittorio? Questo è il nome che fu dato alla Piazza del centro di Firenze, quando fra il 1885 e il 1895 fu realizzata non solo per restituire il centro "da secolare squallore a vita nuova", ma altresì per ospitarvi il monumento equestre del primo Re d'Italia, la cui sagoma era centrata dall'arcone che le faceva da cornice. La statua equestre fu posizionata nel 1890, quando la piazza non era ancora stata completata. Si può pertanto affermare che statua e piazza furono concepite, contestualmente, l'una in funzione dell'altra. Fu solo nel 1932 che la statua del Re fu spostata alle Cascine, dove tuttora si trova al centro del piazzale di accesso al parco (ora deturpato da sottopasso e linea tranviaria). Al posto di Sua Maestà, nella piazza che ebbe il suo nome si trova adesso una Colonna dell'Abbondanza, ricollocata nel 1956 nella posizione che aveva quando al posto di Piazza Vittorio c'era il Mercato Vecchio, ma che è del tutto fuori contesto non avendo alcun riferimento con l'attuale assetto ottocentesco. Ma oltre all'incongrua colonna abbiamo un'eccentrica giostra e, quel che è peggio, si sfrutta il luogo del centro cittadino per qualunque cosa venga in mente, palchi di musica rock per serate più o meno bianche, mercatini settimanali di formaggio, vino, olio, miele, prosciutti, esposizioni di novità automobilistiche (quando i pochi cittadini abitanti il centro devono tenerne ben lontane le proprie) baracconi per la vendita di libri (non è un paradosso che un'amministrazione cittadina che non sa evitare la chiusura delle proprie prestigiose librerie sia costretta a permettere la vendita di libri al centro della piazza del centro?). Sembrerebbe giunto il momento di modificare la scritta al sommo dell'arcone, che può più coerentemente suonare così: "L'antico centro della città, da vita nuova a secolare squallore restituito". Si sono lasciati fuori discussione, perché parlano da soli, i quattro "dehors" sorti dove un tempo c'erano i tavolini all'aperto. Questi "dehors", autorizzati dalle Soprintendenze, sono veri e propri edifici, chiusi da pareti a vetri, riscaldati o raffrescati a seconda delle stagioni, soprelevati dal suolo pubblico e quindi muniti di gradinate di accesso, uniformati e armonizzati da un comune stile architettonico che ha avuto il completo gradimento delle "autorità (in)competenti".

Nessun commento:

Posta un commento