venerdì 18 ottobre 2013


Die tote Stadt

A costo di una faticosa ascensione, al piano alto di Orsanmichele si può visitare una bella mostra dedicata all'Architetto Edoardo Detti (l'ascensore potrebbe portare fino al primo piano, ma se ne deve chiedere l'uso, non si sa bene con quale risultato, alla Società Dantesca). Detti è stato un bel protagonista del secondo novecento fiorentino. Anche per lui ricorre il centenario dalla nascita, come per Vasco Pratolini. Del resto quest'anno le ricorrenze non mancano: Verdi, Wagner, D'Annunzio, Mascagni, oltre a Detti e Pratolini. Emoziona rivedere le foto delle macerie di Por Santa Maria distrutta dalle mine tedesche e gli appunti e i progetti di Detti per il concorso della ricostruzione, così come ritrovare i dimenticati volti dei componenti la giunta La Pira del triennio 1961-1964, nella quale Detti fu assessore all'urbanistica e varò il Piano Regolatore della città, e anche, perché no, la foto di Le Corbusier che firma sotto gli occhi di La Pira il libro degli ospiti, in occasione della sua mostra in Palazzo Strozzi del 1963, sorvegliato alle spalle da Carlo Ludovico Ragghianti. Rimpianti di un tempo  e di una città perduti.
Per salire al secondo piano si passa dalla grande sala del primo, dove si trova quello che si può definire il cimitero delle statue di Orsanmichele. Infatti a tutte le nicchie dell'eccezionale chiesa-granaio sono state tolte le statue di appartenenza, siano esse di bronzo o di marmo, per sostituirle con delle copie. Gli originali si trovano ora, assurdamente allineati, al piano superiore, privi delle nicchie che ne costituiscono l'indispensabile e naturale complemento, nicchie le cui dimensioni hanno determinato e condizionato la forma delle statue in esse contenute. Che senso hanno i Quattro Santi Coronati di Nanni di Banco estratti dal semicilindro che li contiene e privati della predella in cui sono rappresentate le loro attività di scultori e scalpellini? Del resto tutta la città può essere paragonata a un grande cimitero, i cui cittadini, già abitanti, sono stati espatriati, le cui case sono occupate da cuculi che hanno fatto il nido nei nidi altrui, le cui strade sono percorse da torme di turisti, generalmente guidati da un'accompagnatrice con un fiore di plastica in mano, che vanno a ritrarre le cose più disparate, dalla vetrina di Gucci a quella della Ferrari, dal Porcellino alla giostra di Piazza della Repubblica. Un grande cimitero monumentale, copia di una città nella quale è morta ogni attività di quelle che erano il suo peculiare complemento. Proprio la rilettura dei libri di Pratolini conferma questa sconfortante realtà.

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